I DCA
FAQ
Domande frequenti sui DCA
In verità ne sono colpiti anche i maschi ma in misura nettamente ridotta (in Italia il rapporto maschi/femmine è di circa 1:10 ). Le femmine sono più colpite per più ragioni ma l’idea più diffusa è che per loro il tema del corpo, un corpo magro e bello, sia cruciale e i fattori socio-culturali legati a questo siano importanti nella genesi del problema. Le stesse ragazze anoressiche riconoscono di essere cadute per questo loro comportamento in quella che è chiamata la “trappola del corpo”. Chiaramente questa è una ottica interpretativa sociale che vede nel bisogno di affermarsi nella società la spinta ad avere quel corpo che tanto si ritiene piaccia gli altri. Nella prospettiva femminista si può dire che l’anoressia dipenda dal ruolo imposto alla donna nella nostra società che non le permette di crescere e maturare e quindi l’anoressia come frutto di pensieri e convinzioni distorte.
L’adolescenza è un momento di grandi cambiamenti sia fisici che psicologici, è la fase in cui si cominciano a sperimentare momenti di autonomia e autogestione, in cui ci si sperimenta nel contesto sociale con il gruppo dei coetanei e si cerca la loro approvazione. È una fase delicata e fragile, piena di cambiamenti significativi. Per sentirsi più sicura la ragazza cerca di mettere ordine, di rassicurarsi e di essere rassicurata, di piacere ed essere approvata. Ecco allora che fare la dieta, cercare di dimagrire e di piacersi di più, di essere più consono ai dettami imperanti della donna vincente, può farti sentire forte, capace, attraente, in pieno controllo.
Non sempre. Spesso una dieta è comunque presente all’esordio dei DCA. Nella storia dell’anoressia la dieta è presente in particolare quando vi sia stato un preesistente stato di sovrappeso, ma non è una condizione necessaria. Nella bulimia nervosa invece quasi sempre il problema inizia con una dieta, anzi spesso si registrano più tentativi falliti di dieta. Ad un certo punto la ragazza che si mette a dieta non riesce più a reggere una alimentazione restrittiva, perde il controllo ed esagera (o teme di avere esagerato) con il cibo: il rimedio diventa eliminare in ogni modo quello che si è mangiato.
L’amenorrea è il segnale di un tentativo di risparmio energetico che il corpo mette in atto quando lo squilibro calorico è troppo grande e il calo di peso è stato troppo rapido.
L’amenorrea non è di per se stessa pericolosa, ma lo sono le sue conseguenze, soprattutto per l’osso. La scomparsa del mestruo con l’alterazione degli ormoni regolatori dello stesso comporta nel tempo un depauperamento dell’osso (osteoporosi) che è tanto più grave quanto più l’amenorrea è iniziata in giovane età e quanto maggiore è la durata. Non vi sono particolari danni sul sistema riproduttivo. Oggi vi è la tendenza a prescrivere la pillola per ottenere un ritorno del flusso mestruale ma questo non pare offrire particolari vantaggi per l’osteoporosi o per la situazione psicologica in generale. Da parte nostra riteniamo che l’amenorrea sia un segnale importante, che ci dice che la situazione del bilancio energetico e del comportamento alimentare non è ancora accettabile.
Per lungo tempo si è creduto che le ragazze non percepissero la fame, e loro spesso confermavano questo fatto. In verità le ragazze anoressiche hanno una fame enorme, così grande che loro stesse ne sono spaventate; per questo motivo cercano in tutti imodi di mascherare e negare questa fame ed escogitano mille trucchi per non percepirla. Nel tempo questi comportamenti di controllo degli impulsi confondono gli stimoli che il corpo manda e la ragazza può essere così confusa da non capire quello che sta provando, confondendo quindi fame, ansia rabbia e altri stimoli. D’altronde la fame è per queste ragazze uno stimolo spiacevole e irritante che è meglio evitare e che comunque non deve prevalere. È la fame che porta la ragazza a perdere il controllo e quindi a farle assumere comportamenti di tipo bulimico con i quali introduce molto cibo che poi elimina in vari modi. In questo modo si tiene desta, si perpetua la sensazione di fame che continua a spingere nella ricerca del cibo.
Il medico di medicina generale (MMG) è una figura portante del nostro sistema sanitario nazionale (SSN). Conosce la famiglia e la famiglia ha fiducia in lui. Al MMG lafamiglia può chiedere consigli sul da farsi, farsi indicare il centro o lo specialista più idoneo.
Le analisi del sangue sono quasi sempre normali soprattutto nelle prime fasi della malattia, sino a quando cioè il corpo può trovare in se stesso e nelle proprie riserve il materiale necessario al buon funzionamento dell’organismo. L’alterazione più frequente è l’anemia, altre alterazioni sono più tardive. Nei comportamenti bulimici è significativo e pericoloso il calo del potassio (ipokaliemia).
Non è facile indicare precisi criteri cui attenersi. Il MMG può essere di aiuto perché, anche se non conosce direttamente lo specialista, sa come ottenere le necessarie informazioni. Un valido criterio è cercare aiuto rivolgendosi sempre a centri specializzati che operino in modo multidisciplinare (con più figure professionali) per dare una risposta completa ai bisogni della ragazza e della famiglia. Non si deve temere di chiedere informazioni e spiegazioni (non farsi ingannare comunque dai numeri “belli”) su cosa si pensa di fare secondo un progetto di cura che vi sembri convincente e mirato alle problematiche che conoscete della ragazza.
Il senso di colpa e vergogna spesso accompagnano i DCA. La ragazza si vergogna dei propri comportamenti e non ne vuole parlare, crede di essere non capita e giudicata, vive con un forte senso di colpa la preoccupazione dei genitori. Va sempre rassicurata e va spiegato che se è un disagio, una malattia, non c’è colpa. Va accolto il suo disagio e le va dato il tempo necessario per una reciproca conoscenza, perché si possa creare quel clima di fiducia presupposto necessario di una cura efficace.
Una gran parte di soggetti guarisce; molte ragazze guariscono in tempi brevi e a volte senza cure di particolare impegno. Per i casi che giungono all’osservazione dei centri specialistici la percentuale di guarigione è del 70% entro 6 anni (il 50% guarisce entro i primi 3 anni). Il rimanente 30% può guarire a volte dopo alcuni episodi di remissione e ricaduta; in questa percentuale vanno inseriti anche i casi che divengono “cronici” .
Le malattie non guariscono per buona volontà né persistono per cattiva volontà, perché l’interessata non si impegna a sufficienza nella cura. Con questi pregiudizi non si può essere in alcun modo di aiuto a chi soffre di un DCA. Dobbiamo invece chiederci cosa può essere veramente di aiuto e cosa può ostacolare il percorso di cura. Aiutiamo la ragazza a capire cosa le sta accadendo, cerchiamo di farle vedere gli svantaggi della sua condizione e di farle comprendere i vantaggi del cambiamento.
Non è mai utile insistere, arrabbiarsi, obbligare, soprattutto non è utile se questo poi avviene durante i pasti senza che ci sia stato prima un momento di tranquillità, un chiarimento, una spiegazione, rispetto alle rispettive posizioni e preoccupazioni. Serve piuttosto ribadire tranquillamente che quanto sta facendo non è in grado di consentirle di far fronte alle esigenze del suo corpo, per cui non potrà fare molte delle attività a volte piacevoli come andare a scuola, a passeggio, dalle amiche etc. Si può e si deve suggerire e offrire la possibilità di ricercare un aiuto professionale. Ricordate che la vostra insistenza si scontra con la paura ossessiva di perdere il controllo, paura che cresce al crescere della vostra insistenza e pressione.
Di fronte ad una posizione chiara, tranquilla, comprensiva, serena ma determinata, ferma e condivisa dai genitori, la figlia accetterà di contattare un centro specialistico per valutare le cure proposte. Non cercate di anticipare le notizie allo specialista, non ne ha bisogno. Siate chiari e sinceri, accompagnate la ragazza per poter dire apertamente le vostre preoccupazioni e per segnalare quanto e cosa vi preoccupa maggiormente. Avete anche voi il diritto di essere aiutati. Potrete lasciare alla ragazza la possibilità di scegliere il giorno, l’orario, il centro ma non di procrastinare, negare, rifiutare, dilazionare o portare mille giustificazioni per non fare.
Bisogna sempre distinguere i pensieri sani da quelli malati. La ragazza mente per proteggersi, perchè si sente minacciata da un male che ritiene peggiore, più grande. Spesso non sa bene distinguere quello che è ragionevole da quello che è dannoso, i suoi pensieri ossessivi le fanno perdere il giusto senso critico rispetto ai suoi comportamenti. Spera e desidera anche lei di non perdere più peso e di non ripetere più quei comportamenti che la fanno stare male ma poi la paura di perdere il controllo, di poter stare peggio e di sbagliare la fanno indietreggiare davanti ad un piccolo boccone di pane o la fanno esagerare con i dolci avendo deciso, dato che il guaio è fatto, di rimediare vomitando.
Le crisi d’ansia possono essere frequenti e si innescano sulla paura di avere sbagliato, di avere perso il controllo, di sentirsi in colpa, di non poter porre rimedio. Il tema centrale è spesso la paura di ingrassare e di diventare così orribile e venire abbandonata e allontanata da tutti. Si agita, non sa cosa fare, può assumere comportamenti compulsivi come andare a correre, andare a vomitare o altro come procurarsi piccole ferite. In altri casi la crisi si manifesta con una chiusura, la ragazza si isola, non vuole parlare, piange. Può essere utile dimostrarsi attenti, disponibili,comprensivi senza forzare.
I DCA sono disagi legati al controllo; la ragazza vuole controllare il cibo, il peso, l’ansia, la rabbia e tutto quanto avviene attorno a lei. Il vostro controllo si scontra con il suo, il controllo della ragazza prevarrà perché frutto di 24 ore su 24 di lavoro mentale per mantenere il suo controllo. Il vostro controllo può durare al massimo qualche ora. Pensate al disagio del DCA come ad una persona che ha paura di entrare in una stanza buia; più cercherete di farlo entrare magari a forza e più forte sarà la sua resistenza alla vostra spinta perché la sua paura è più potente del vostro desiderio di farlo entrare.
Si deve far capire quali sono i ruoli, non lasciarsi intimorire dalle sue manifestazioni di ansia, ma ribadire le proprie ragioni. Non serve mostrarsi arrabbiati né aggressivi ma fermi e decisi nella propria scelta di non lasciare spazio alla sua paura.
Sì. Nel corso degli ultimi 20 anni la mortalità si è molto ridotta per il miglioramento delle cure. È certamente meno elevata nella Bulimia nervosa che nell’Anoressia nervosa. Nell’Anoressia nervosa gli studi più recenti riportano una mortalità dello 0,5% annuo che sta a significare il 10% di mortalità nel corso di 20 anni di malattia.
Non c’è una causa, ma molte cause che interagiscono tra loro. Diversi fattori sociali, biologici e psicologici, in concorso tra loro possono avere favorito (predisponendo) o scatenato (facendo precipitare) o possono mantenere (perpetuando) la situazione di disagio. Tanti sono quindi i livelli a cui si può intervenire. È di certo più utile impegnarsi nel ricercare le risorse piuttosto che indagare sulle cause, soprattutto nelle situazioni di lunga durata della malattia.
Non ci sono precise indicazioni da dare; quello che si può fare come genitori e parenti è legato alla specifica situazione e alle caratteristiche personali di ognuno. In generale possiamo dire che è importante ascoltare, cercare aiuto, decidere dopo aver riflettuto, concordare con la ragazza per quanto possibile ogni intervento diretto o indiretto.
Offrendo alla ragazza uno spazio di ascolto che non prevede giudizi, offrendo la possibilità di un confronto rispettoso ma diretto e chiaro, rendendosi disponibili a capire ma anche decisi a ricercare un aiuto competente.
Sappiamo che i nostri commenti potranno dare fastidio, potranno irritare e non saranno portatori di un cambiamento. Molto dipende dal momento e dal modo in cui si fanno questi commenti. Se potessimo definirli invece modi per mostrare le nostre preoccupazioni forse sarebbero più comprensibili e accettabili. È importante che non siano giudizi e colpevolizzazioni. Possiamo e dobbiamo dire le nostre preoccupazioni, chiedere informazioni e chiarimenti su fatti e comportamenti o atteggiamenti che non comprendiamo. Tacere è altrettanto sbagliato. Dobbiamo ricordare che i nostri ragionamenti, per quanto ben articolati, non potranno convincere la ragazza e farle cambiare comportamento. È sempre necessario cercare un aiuto professionale.
Possiamo farlo notare, cercando sempre il momento giusto, uno spazio di conversazione tranquillo. Si possono, anzi si devono, ribadire i limiti, porre i confini del rispetto reciproco, concordare delle regole per tutti accettabili.
Per le ragazze con un DCA il cibo è il veleno che le ucciderà e allo stesso tempo l’oggetto di un desiderio difficilmente estinguibile. La fame le porta alla ricerca vorace del cibo che però temono come la causa prima di tutte le loro difficoltà. Vorrebbero solo il cibo che sanno di poter controllare, sano perché non ha calorie, efficace perché ti soddisfa ma non fa ingrassare, buono e di cui mai potresti esagerare.
Se inizia a mangiare e supera quel sottile limite che si era posta come misura tranquillizzante non potrà più fermarsi, vorrebbe un controllo così elevato che è certo che lo perderà. Potrà perdere il controllo tanto più facilmente quanto più sarà certa di poter rimediare con il vomito, con il digiuno del giorno successivo, con le tre ore di palestra della sera. Il suo pensiero sul cibo è dicotomico (pensiero del “tutto o nulla”), o sta nelle regole o esagera. Quando supera di un po’ il limite, in quel momento scatta la compulsione e non si fermerà; questa è l’abbuffata.
Le cure sono sempre lunghe, raramente una cura appropriata può durare meno di un anno. Ovviamente le cure hanno fasi di maggiore intensità come all’inizio del percorso o nei momenti di crisi, e fasi di ridotta intensità. La durata della cura è in funzione della gravità e della complessità del quadro clinico. La terapia psicologica può non raramente durare alcuni anni. È importante però non persistere nelle cure, se le stesse non danno evidenza di cambiamenti significativi.
Quando il problema cibo e peso non domina più la vita personale, le attività sociali, i pensieri della ragazza. La malattia è superata se l’individuo riprende una qualità di vita accettabile.
Certamente. Si può guarire come per tante altre malattie, questo però non significa che non ci saranno segni del passato problema. Pensiamo ad esempio ad una frattura del femore: guarirà completamente ma lascerà una pur piccola traccia come un doloretto, nel fare particolari movimenti, non consentirà più di fare delle corse prolungate su terreni accidentati.
Sì, se con questo vogliamo dire che tornerà ad essere una bella ragazza con sani pensieri. No, se con questo vogliamo intendere che tornerà quella “brava e perfetta” ragazza che tante soddisfazioni dava alla famiglia; non dovrà più essere la prima della classe. Forse questa potrebbe essere la vera guarigione perché dovrà (e dovrete anche voi parenti amici e genitori) accettarsi per quello che è. Voi adulti dovrete accettare le sue ribellioni, la sua crescita la sua presa di distanza (peraltro tutti comportamenti “normali” nella fase di crescita dell’adolescenza)
Sì, l’amenorrea in quanto tale non compromette le future capacità di fertilità.
È un aspetto che va attentamente valutato da personale competente ed esperto. Si può affermare che non è quasi mai l’allontanamento da casa che risolve il problema. Possiamo invece affermare che nel percorso di crescita anche la separazione è a volte un momento importante. La separazione non dovrebbe mai essere una fase traumatica ma una fase di crescita e per questo accettata da tutti come normale evoluzione della vita dei nostri ragazzi. Il distacco va quindi favorito ma non imposto, può essere proposto solo se pensiamo che l’altra parte lo possa accettare e lo sappia gestire.
In parte sì, come espressione di una componente biologica innata e quindi come fattore predisponente, ma da solo mai sufficiente.
Nelle fasi avanzate della malattia, soprattutto per comportamenti particolarmente pericolosi come gli abusi di farmaci diuretici e lassativi, per il vomito ripetuto più volte al dì e altro ancora, le complicanze per il cuore e per i reni possono essere gravi e irreversibili. Il danno è legato all’intensità della malattia, alla durata della stessa e al disagio dei comportamenti. Fortunatamente le conseguenze gravi sono abbastanza rare ed è molto migliorata la nostra attenzione e capacità di controllo verso queste conseguenze.
Certamente c’entra; sia come fattore favorente, scatenante, sia come fattore perpetuante del DCA. A volte la depressione potrebbe rappresentare la causa più significativa, altre volte la depressione è la conseguenza della cosiddetta sindrome da digiuno che passa con il recupero di condizioni fisiche adeguate.
Tratto dal libro “Figlie in lotta con il cibo” di R. Ostuzzi e G.L. Luxardi – Baldini & Castoldi.
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